TEHERAN (Reuters) - Il più importante partito riformista iraniano ha detto oggi di voler boicottare le elezioni parlamentari previste per la fine di questo mese, anche se un garante dovesse revocare la bocciatura centinaia di candidati riformisti.
"Non prenderemo parte alle elezioni del 20 febbraio", ha detto in una conferenza Mohammad Reza Khatami, leader del partito Fronte di Partecipazione.
I riformisti sostengono che la bocciatura di centinaia di candidati renda impossibile realizzare elezioni eque in così poco tempo.
Il partito riformista contesta inoltre la decisione del Consiglio dei Guardiani -- un organismo di supervisione costituzionale composto da estremisti religiosi -- di dichiarare oltre 2mila candidati parlamentari inadatti alle elezioni del 20 febbraio.
La mossa del Consiglio ha spinto l'Iran nella sua peggiore crisi politica da anni ed ha oscurato le celebrazioni per il 25esimo anno dal del ritorno dall'esilio dell'Ayatollah Ruhollah Khomeini per la creazione di uno stato islamico.
Oltre 80 attuali deputati del parlamento da 290 seggi dominato dai riformisti sono fra quelli banditi dalle elezioni.
In un comunicato emesso ieri sera, i parlamentari riformisti - che a decine hanno tenuto un sit-in di protesta in parlamento nelle ultime tre settimane - hanno detto che anche se il Consiglio dei Guardiani ora cederà, il voto deve essere comunque posticipato.
"Anche se tutti i candidati banditi saranno reinseriti nei prossimi giorni, le elezioni devono essere posticipate così che tutti i candidati abbiano il tempo e l'opportunità di prendere parte ad una competizione equa", hanno detto.
Il governo riformista del presidente Mohammad Khatami ha chiesto due volte nei giorni scorsi al Consiglio - composto da 12 membri tra giuristi e clerici islamici - di posticipare il voto.
Se il Consiglio rifiutasse il posticipo, il governo di Khatami potrebbe rifiutarsi a sua volta di organizzare il voto. Khatami potrebbe anche permettere ai governatori provinciali, che hanno un ruolo chiave nell'amministrazione delle elezioni, di realizzare la loro minaccia di dimettersi sulla questione del voto.
Una prima richiesta presentata dal ministero dell'Interno è stata immediatamente respinta, mentre la seconda, presentata sabato, non ha ancora ricevuto risposta.