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Martedì, 11 Aprile 2006 - 14:48
Chahar Shambeh Souri: la notte dei fuochi
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In Italia si usa festeggiare con botti e fuochi d’artificio la fine dell’anno. In Iran festeggiamenti di tipo assai simile sono anticipati nella festa dello Chahar Shambeh Souri, che si potrebbe tradurre come “mercoledi gioioso” e caldo come il calore del fuoco.

Ma festa in verità inizia ancora prima: al pomeriggio della vigilia dell'ultimo mercoledi dell'anno solare. In Iran –un po’ come in Italia nelle poesie di Leopardi- la sera di vigilia e' piu' importante della festività stessa. Nell'ufficio o in casa si odono rumori in strada, scoppi di mortaretti a raffica , continui boati e botti e talvolta spari che spaventano l'ignaro straniero alla sua prima esperienza di capodanno in Iran. Scendendo per strada si apprezza in pieno la festa. Gente di tutte le età e di ogni estrazione sociale che sorride, scherza o semplicemente chiacchiera attorno a falo' di sterpaglie o arbusti. I piu' giovani, ma non mancano quelli in età matura, saltano attraverso il fuoco recitando frasi rituali, di cui molto spesso non conoscono nemmeno il senso o di cui hanno perduto il significato. Tra queste frasi che bisogna pronunciare saltando primeggia: " SORKHIE TO AZ MAN, ZARDIEH MAN AZ TO" (dammi il tuo rossore/calore e prenditi il mio pallore/colorito malaticcio). E` una frase ovviamente riferita al fuoco e di tradizione antichissima. La ricorrenza ha ormai totalmente perduto il significato religioso zoroastriano e la preminenza che aveva al tempo dell'impero Sassanide, quando il Mazdeismo era per l’appunto la religione di Stato della Persia. Nel calendario Sassanide, gli ultimi dieci giorni dell'anno erano dedicati esclusivamente a cerimonie commemorative in ricordo dei defunti. I primi 5 (panji) giorni erano dedicati alle anime dei bimbi e degli innocenti. I rimanenti 5 erano per tutte le rimanenti anime, animali "superiori" inclusi. Ecco allora tutti impegnati nelle pulizie generali di casa (anche da noi e` rimasta la tradizione delle pulizie di primavera) e l’impiego di nuovi tendaggi. La notte poi si accendevano i falo' sul tetto di ogni casa. Il chiarore del fuoco serviva a teneva lontano lo spirito Ahriman (che nella religione mazdea era il principio male, il diavolo, il principio negativo opposto ad Aura Mazda, che era invece il principio del bene e che da` il nome al culto) ed a permettere in tal modo alle anime dei defunti di rendere visita ai luoghi in cui avevano vissuto o in cui si trovava la loro progenie. Sono trascorsi secoli e secoli, si sono succeduti gli imperi, e' cambiata la lingua e sono mutati i costumi ma praticamente non esiste famiglia iraniana che, nell'approssimarsi del No Ruz, non renda visita ai propri defunti. Oggi solamente la minoranza religiosa dei Mazdei di rito Zoroastriano commemora il "Forodigan" ricordandone l'esatto significato.
Quando nelle strade non rimangono che braci e ceneri, dopo che e' stata distribuita Ash-eh-reshteh (un'elaboratissima zuppa di cereali e legumi vari con l'aggiunta di aromi, spezie varie ed una sorta di spaghetti tipici iraniani, talmente importante per la cultura persiana che il termine fasi per "cucina" prende il nome dal "posto in cui si cuoce l'ash"), tutti tornano a casa a continuare le conversazioni in famiglia sorseggiando te' bollente e sgranocchiando frutta secca (che deve rigorosamente essere di 7 qualita' differenti: pistacchi, ceci tostati, mandorle, nocciole, fichi, albicocche ed uva sultanina).

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