L'iraniana Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace 2003, sarà presente l'8 marzo -
Giornata della donna - a Berna e pronuncerà un discorso davanti alle Camere. Incontrerà anche la consigliera federale Micheline Calmy-Rey.
La Ebadi è stata invitata a seguito di un'iniziativa delle parlamentari Hildegard Fässler (PS/SG), Christine Egerszegi (PLR/AG) e Lucrezia Meier-Schatz (PPD/SG).
Sarà la prima donna invitata ad esprimersi in parlamento e il primo ospite a non ricoprire un ruolo istituzionale. (Swissinfo)
Nel nome di Dio dello spirito e della saggezza
Cari e stimati colleghi, professori, studenti, amici presenti, signore e signori,
Sono felice di rivolgermi a Voi oggi da questo meritorio podio. L’università è la vera casa e il vero luogo di tutti quelli che hanno posto la morale in testa alle proprie attività, coloro i quali si sono dedicati alle cause dell’umanità, persone fiere non per il loro conto in banca ma per il numero di libri che hanno pubblicato, orgogliosi per il numero di allievi che hanno istruito e non per le superficialità materiali.
L’Italia sotto questo aspetto ha una brillante storia e reputazione. Il numero delle sue università, dei professori competenti che vi lavorano e degli studenti bravi e impegnati che cercano il potere nel sapere. Un gran numero di architetti iraniani ha studiato nelle università italiane. Vi sono grata per aver generosamente donato il Vostro sapere ai miei compatrioti.
In Iran, la mia patria, l’Italia è il simbolo dell’architettura, dell’arte e della letteratura. Le opere di molti scrittori italiani come Dante, Silone, Natalia Ginzburg, Italo Calvino e molti altri.., nonché di registi italiani, tra i quali Federico Fellini, Roberto Rossellini, sono state tradotte in lingua persiana e hanno un gran numero di appassionati lettori e ammiratori.
Signore e signori,
Ci sono molte similitudini culturali tra l’Iran e l’Italia: entrambe l’antica Persia e Roma, sono state tra i più grandi imperi di un tempo e a guida di antiche civiltà. Entrambe le civiltà hanno cresciuto nel proprio seno i più illustri personaggi, donandoli all’eredità culturale del mondo, come Galileo e Avicenna (Abu Ali Sina). Entrambe sono state soggette agli attacchi dei nemici, ma hanno difeso la propria cultura e la propria entità fino all’ultimo respiro. Oggi Voi parlate in lingua italiana e noi parliamo in lingua persiana e questo è motivo di grande orgoglio. Molte antiche civiltà sono state spazzate via e di loro è rimasto un solo capitolo della storia. Invece io e Voi siamo eredi delle nostre antiche civiltà e le passeremo alle future generazioni.
L’Iran e l’Italia hanno sofferto entrambe sotto regimi totalitari e dittature ma hanno resistito. L’Iran e l’Italia sono state entrambe vittime di regimi che hanno oppresso i loro popoli in nome della religione, ma i loro popoli hanno proclamato che non sono in guerra contro la religione ma chiedono leggi che siano adeguate alle circostanze del tempo e del luogo, leggi che possano risolvere le necessità sociali.
Siamo distanti geograficamente, Voi Vi trovate in Europa e l’Iran è situato in Asia, ma i nostri cuori sono vicini. Voi in Europa avete sperimentato il Rinascimento e perciò avete potuto superare molti dei Vostri problemi con più facilità rispetto al popolo iraniano a cui manca l’esperienza rinascimentale. Ma niente paura, ci troviamo nell’era di internet, conosciamo la strada percorsa e abbiamo a disposizione le preziose esperienze vissute. Come Voi, anche noi saremo sicuramente in grado di risolvere i nostri problemi attuali mantenendo l’autenticità della nostra cultura.
Signore e Signori,
Noi veniamo dal Medio Oriente, una zona inquieta, soggetta a disordini. In alcuni discorsi sentiamo dire che la mappa del Medio Oriente deve cambiare e i popoli che vivono in questa zona, stupiti, si domandano: non è al popolo di un paese che spetta di decidere il destino del proprio paese? Allora perché gli altri tracciano le nostre mappe? Un giorno aiutavano i Talibani ad arrivare al potere e un altro giorno attaccavano l’Afghanistan con la scusa dei Talibani. Aiutavano Saddam, gli hanno fornito le armi chimiche per bombardare il popolo iraniano e la zona irachena popolata dai Kurdi, e un altro giorno hanno attaccato l’Iraq accusandolo di avere le bombe chimiche. I militari iraniani, nonché la popolazione civile, a quindici anni dalla fine della guerra, soffrono ancora per le nefaste conseguenze dei bombardamenti chimici; loro sanno benissimo che, senza l’appoggio di alcuni governi occidentali, Saddam non sarebbe mai stato in grado di procurarsi un arsenale così pericoloso. Ora che è arrivato il momento di processare gli aggressori, non soltanto Saddam, ma anche i suoi sostenitori dovranno rispondere di fronte alla coscienza umana e all’opinione pubblica mondiale.
Cari colleghi,
solo quando c’è pace e tranquillità, l’albero del sapere dà i suoi frutti, la creatività artistica si rivela e il carro della civiltà va avanti. Però, un qualunque silenzio non è tranquillità e una qualunque pace non è quella durevole.
Una pace duratura è quella che è stata costruita su due pilastri di giustizia e democrazia, altrimenti, anche se c’è silenzio, non è di tranquillità ma di soffocamento. Il silenzio in una società oppressa, una società dove nessuno ha la forza di parlare e ogni voce contraria viene soffocata sotto la minaccia del carcere o a forza delle pallottole, è un silenzio da cimitero e presto o tardi causerà disordini che non giovano a nessuno.
Non dimentichiamo il silenzio che ha governato per settant’anni nell’Unione Sovietica, lo stesso silenzio che attualmente ombreggia in alcuni paesi del mondo.
Dobbiamo custodire e considerare sacra la pace e, ancora prima, ritenere importante la giustizia e la democrazia.
D’altro canto, la pace ha due facciate, quella interiore e quella esteriore; come il mondo in cui viviamo e di cui non conosciamo tutti i profondi segreti. Senza una pace interiore non è possibile una pace esteriore; ma la pace interiore è la tranquillità di una vita vissuta con uno scopo. Coloro che ancora non hanno uno scopo nella propria vita sono individui confusi che non trovano pace in nessun luogo e non trovano il proprio io da nessuna parte; è il compito di noi insegnanti di aiutare i nostri allievi in questa loro ricerca, di illuminare il loro cammino cosicché possano trovare la strada e trovare se stessi e, vivendo felici, possano essere utili anche per gli altri. In altre parole vivere felici ed essere utili per la società e per gli altri sono pilastri di una pace interiore. Una società in grado di porre questo obiettivo in testa ai propri programmi didattici ed educare i giovani che mentre godono i piaceri della vita possono pensare anche agli altri, proseguirà, senza alcun dubbio, verso la pace. E quindi, la pace nasce dentro di noi, si sviluppa in famiglia e finalmente scorre nelle arterie della società. In altre parole, la pace comincia dalla scuola, poi si sviluppa a livello nazionale e raggiunge territorio mondiale.
È così che insegnanti e professori agiscono in qualità di pilastri della pace a livello nazionale e globale e in questa direzione il rapporto tra le comunità scientifiche di tutto il mondo è l’elemento più importante per lo sviluppo e la stabilità della pace. Scambio di studenti e professori, traduzione di libri in lingue diverse, creazione di università virtuali e creazione dei corsi di studio internazionali sono tutti di grande aiuto per la realizzazione del contatto e rapporto internazionale.
I paesi scientificamente avanzati devono generosamente mettere il loro sapere a disposizione degli studenti nei paesi del Sud del mondo. La peggiore piaga per la scienza è la grettezza che purtroppo è attualmente molto diffusa nel mondo. Dopo l’evento dell’undici settembre, agli studenti dei paesi del Sud del mondo viene impedito di studiare in America in alcuni campi di tecnologia più avanzata come quella informatica, ingegneria nucleare, ingegneria genetica. E gli studenti che stanno già studiando queste discipline sono stati avvertiti che appena completeranno la prima fase del loro studio dovranno cambiare la materia. In alcuni altri paesi occidentali, nonostante tale restrizione non è stata ufficialmente annunciata, gli studenti di alcuni paesi del Sud non vengono ammessi alle facoltà di tecnologie più avanzate.
Se vediamo il mondo come un villaggio globale, dobbiamo tutti essere partecipi con tutti i suoi doni e vantaggi, tra gli altri, anche il sapere. Non possiamo pretendere di essere una comunità globale se una parte della popolazione del mondo viene privata del sapere. Dobbiamo essere generosi come il cielo, fare fertile l’albero della conoscenza come la terra, diffondere l’amicizia come il vento, essere ostili e furiosi contro l’ignoranza e l’intolleranza come fuoco.
Dobbiamo essere umani, essere gentili. Gentili.
Grazie.